Ricercatrice e linguista Montessori, Fabrizia Zorzenon è anche architetto e appassionata di fisica quantistica. Il suo motto? Fare ricerca per arrivare al cuore delle cose.
Nella vita ha infatti portato avanti con impegno e dedizione due passioni: la lingua e l’architettura, che Fabrizia ha trovato il modo di coniugare nel suo lavoro di tutti i giorni. Nel 2011, infatti, il dottorato di ricerca (Ph.D.) in architettura le permette di intraprendere l’insegnamento della sua materia – l’architettura appunto – e di capire cosa significhi realmente fare ricerca: individuare cioè lo stato dell’arte di una certa materia o disciplina e realizzare delle tesi che siano in grado di espanderne i confini.
Non è un caso che, al termine del dottorato, Fabrizia inizi a lavorare simultaneamente a diversi progetti, tra cui Code-Switching, che è oggi uno dei più famosi.
«Nei cinque anni di dottorato ho acquisito gli strumenti utili e le competenze necessarie per approcciarmi nel modo più giusto alla ricerca e per applicarla in qualsiasi campo d’interesse, e non solo in quello architettonico.»
Il 70% delle persone che reputiamo bilingue non lo sono dalla nascita, ma lo sono diventate in età adulta e soprattutto per scelta. E per Fabrizia non va diversamente.
Il suo rapporto con le lingue non si può dire sia partito col piede giusto: benché sua madre Frau Zorzenon, originaria di Stoccarda, cerchi più volte di insegnarle il tedesco in modo naturale – proprio come oggi fa nella scuola “Ricercare per imparare” con tutti i suoi studenti – Fabrizia non ne vuole sapere. Influenzata da un padre che non ama le lingue, durante la sua adolescenza si limita a un apprendimento “tradizionale”, piegata sui libri quel tanto che basta, ma senza mai approfondire e senza, soprattutto, sfruttare quelle potenzialità che la porteranno anche a gestire, anni dopo, la scuola fondata dalla madre.
È infatti solo quando diventa adulta, approdata all’università, che Fabrizia si rende conto quanto il non conoscere altre lingue, oltre la sua lingua madre, possa limitarla nella vita, nelle relazioni personali e in quelle professionali. Ed è solo con l’Erasmus e con lo studio approfondito dell’architettura a Berlino che Fabrizia acquisisce nuove consapevolezze: conoscere lingue diverse significa aprirsi al mondo, assorbire conoscenza, approdare su nuove isole in grado di cambiarla e cambiare la sua visione del mondo e delle persone. Uscire dal guscio e aprire gli occhi, finalmente: ecco ciò che fa Fabrizia.
«È stato in particolare il mio desiderio di fare l’Erasmus e di voler studiare architettura a Berlino che mi ha fatto rendere conto delle mie lacune e mi ha dato la spinta di cui avevo bisogno per rimboccarmi le maniche e recuperare il tempo perduto.»
“E adesso come farai con la lingua?”.
È la prima frase che Fabrizia sente quando annuncia il suo viaggio a Berlino. Ed è proprio la madre a pronunciarla.Grazie all’intenzione di quel viaggio, Fabrizia rivede i suoi passi e chiede aiuto a sua madre, Frau, pregandola di insegnarle finalmente quella lingua che per anni ha allontanato.
È proprio grazie al Metodo Frau Zorzenon che in pochissimo tempo – in soli sei mesi – Fabrizia acquisisce ottime conoscenze della lingua. E la soddisfazione più grande arriva proprio grazie al tedesco: imparare questa lingua alla perfezione, infatti, le permette di essere ammessa, poco dopo, al corso di critica dell’architettura alla Technische Universität di Berlino, da sempre interdetta agli studenti Erasmus in quanto proponente un programma che prevede lo studio in lingua originale – il tedesco dell’800 – di Goethe e altri filosofi dell’epoca. Ma Fabrizia non ha più intenzione di rimanere indietro.
E la vera svolta arriva a qualche mese di distanza, quando si insedia in pianta stabile a Berlino. Guardando un film in tv – chiaramente in tedesco – Fabrizia si rende conto che la sua comprensione della lingua ha fatto un salto di qualità. Per una piccolissima frazione di secondo si accorge che non c’è più differenza tra il tedesco che arriva dalla televisione e l’italiano che affolla i suoi pensieri. Non esiste più una “prima” e una “seconda” lingua, ma entrambe si intercambiano senza che lei se ne accorga.
Proprio come uno switch.
«Consideravo il tedesco e l’italiano due lingue alla pari; quando mi sono svegliata, il giorno successivo, avevo occhi e orecchie completamente nuovi: sentivo i suoni in modo diverso e vedevo le parole in modo diverso. Lo stesso apprendimento era cambiato in modo esponenziale, diventando, senza che io me ne rendessi conto, del tutto naturale.»
Ecco ciò che accade: Fabrizia “vive” la lingua così intensamente che è sufficiente ascoltare le persone parlare per strada, o leggere un cartello di sfuggita, per capire e comprendere. Non deve più “tradurre” da o verso la sua lingua madre – l’italiano – ma il tedesco diventa la sua lingua principale, proprio come la sua lingua madre.Nella sua testa, italiano e tedesco si cambiano di posto come in una danza, ed è quello che lei intende insegnare ai suoi studenti. Uno switch utile a non fare discriminazione tra le lingue, ma utilizzandole entrambe con facilità e senza pensieri.
Lo switch è proprio questo e tutti possono arrivarci: basta solo un po’ di impegno e dedizione.
“Fare lo switch” significa passare da una modalità nella quale la lingua viene vissuta come un qualcosa di straniero ed estraneo – qualcosa che si cerca meccanicamente di costruire e razionalizzare – a una dimensione nella quale la lingua diventa parte integrante di noi, del nostro modo di essere, pensare e agire, e dunque della nostra identità personale. E per arrivarci è necessario lasciare da parte vocaboli e regole grammaticali e iniziare a vivere la lingua assorbendone innanzitutto la cultura e la musicalità che la contraddistingue.
In inglese, c’è un termine che racchiude questo concetto: “tune in”, cioè porsi sulla stessa lunghezza d’onda.
Molti studenti del Metodo Frau Zorzenon hanno confessato che, quasi da un giorno all’altro, si sono resi conto che tutto diventa più semplice, si comprende la lingua in modo più profondo, si inizia a percepirla con i sensi e non solo con la ragione. Da qui, ogni lingua può essere parlata “col cuore” e non con la testa, entrando in contatto con essa e non razionalizzandola parola per parola.
«Una studentessa della scuola, Pier Paola, un giorno mi ha detto: ‘È come se la lingua iniziasse a scorrerti nelle vene!’, proprio perché la lingua diventa parte del tuo stesso sistema linfatico, qualcosa in grado di nutrire la mente, il corpo e l’animo. Questa espressione rende perfettamente il significato di ‘switch’: la molla che apre la strada al bilinguismo.»
Fabrizia vive e lavora a New York da due anni ormai, ma il suo percorso verso il bilinguismo italiano-inglese è però iniziato anni prima, quando rientra dal suo viaggio a Berlino.
Una prima svolta avviene quando decide di entrare a far parte di un dottorato di ricerca internazionale all’Università di Nova Gorica, ben consapevole di avere pochissimo tempo – solo cinque mesi – per portare il livello del suo inglese da “basic” ad “avanzato”. E Frau Zorzenon, sua madre, è proverbiale anche in questo traguardo.
Seguendo le orme che l’avevano portata ad apprendere il tedesco qualche anno prima, infatti, Fabrizia sceglie lo stesso metodo e lo utilizza per imparare la lingua inglese. E i risultati sono davvero strabilianti.
Un secondo momento di svolta, poi, è rappresentato dal suo sogno, iniziato nel 2012, di trasferirsi negli Stati Uniti: Fabrizia vuole fondare uno studio di architettura e dare un seguito concreto alla sua passione.
Dopo un primo viaggio vestendo i panni della turista, si rende subito conto che il suo livello d’inglese, per quanto elevato, non è sufficiente per poter intraprendere una carriera oltreoceano. Parlare “col cuore”, a livello di pancia, una lingua non propria, significa anche stare al passo coi tempi; non è possibile aspettare di elaborare quanto ascoltato, tradurlo nella testa e riprodurlo con la bocca, ma diventa necessario – fondamentale – ascoltare, pensare e parlare nella stessa lingua del proprio interlocutore: solo così è possibile sopravvivere in una città come New York – e come molte altre – senza rimanere indietro, anzi anticipando la velocità della comunicazione.
«Ecco la spinta finale che ha accelerato e portato a compimento il progetto didattico che diventerà poi ‘Code-Switching’. Sapere di non dover perdere tempo per raggiungere i miei obiettivi.»
Sicuramente, terreno fertile è già presente in Fabrizia da tempo: la sua educazione di stampo montessoriano – derivante dalla madre – pone le basi al suo Code Switching quando lei è ancora piccola.
Frau Zorzenon, infatti, è un’insegnante Montessori fin dagli anni Ottanta, e fonda nella provincia di Treviso una scuola che supporta bambini e ragazzi nello studio grazie all’applicazione di questo metodo. E Fabrizia assorbe come una spugna questa metodologia facendola propria fin dai primi anni di vita e utilizzandola nel suo modo di pensare e di agire. La mattina, infatti, frequenta la scuola pubblica, quella cosiddetta “tradizionale”, e nel pomeriggio rielabora il tutto osservando le cose da un diverso punto di vista, sotto la guida e la presenza importantissima di sua madre.
Il dottorato di ricerca, poi, aiuta Fabrizia a servirsi della ricerca in qualsiasi ambito, utilizzandola nel migliore dei modi: impara infatti a individuare lo stato dell’arte all’interno di una data disciplina, elaborando una strategia che le permette di ampliarne i confini e promuovendo una sua evoluzione.
È quello che fa con Code-Switching. Sorpassando le regole tradizionali e mettendo da parte dettami grammaticali e sintattici, Fabrizia va per la sua strada sfruttando ciò che ha imparato: procede in modo autonomo e mette al primo posto ancora la ricerca, quella che tanto ama, utilizzandola anche in altri ambiti – come le neuroscienze, la fisica quantistica, l’anatomia dell’apparato fonatorio e la filosofia del linguaggio – elementi chiave del progetto Code-Switching.
«I cinque anni di dottorato sono stati fondamentali perché mi hanno dato gli strumenti per andare al cuore del problema – la difficoltà di acquisire una lingua diversa da quella madre – e creare un metodo che fosse effettivamente efficace per arrivare a diventare bilingue.»
Code-Switching nasce prima di tutto da una necessità e un’esigenza personali: Fabrizia ha bisogno di portare il livello del suo inglese al pari di un madrelingua, ed è questo che la spinge a trovare una soluzione che le permetta di raggiungere i suoi obiettivi in un tempo relativamente breve.
E solo dopo aver “testato” il suo metodo su se stessa e aver avuto conferma della sua efficacia, inizia a proporlo nella scuola di sua madre, nella quale Fabrizia insegna inglese per otto anni.
Con l’aiuto dei mille e più studenti che sono passati “sotto le sue mani”, Fabrizia può sempre di più perfezionare la sua tecnica e la programmazione del suo corso, affinando una metodologia che dopo poco tempo si rivela davvero valida e incisiva.
Fabrizia impara a modulare il suo metodo adattandolo a qualsiasi età e a qualsiasi tipo di persona, soprattutto in funzione delle esigenze di ognuno. Quello che emerge infatti è che a volte il metodo Code Switching va personalizzato, non tanto nei passaggi quanto nei tempi: l’apprendimento di una qualsiasi lingua non sempre può seguire una tabella di marcia prestabilita, ma deve andare di pari passo con l’andatura di chi gli si approccia.
«Proprio come un bambino ha i suoi tempi per imparare un nuovo modo di comunicare – dai primi gesti alle prime parole – anche chi si approccia a una nuova lingua ha bisogno di ‘ascoltarsi’ e procedere secondo una propria velocità di apprendimento. La cosa importante è arrivare dritti all’obiettivo che ci siamo posti.»
E questo non sempre è fattibile con un corso in presenza: mentre qualcuno procede senza difficoltà e in modo spedito, altri viceversa hanno bisogno di rallentare e intensificare l’esercizio quotidiano per entrare “in connessione” con ciò che stanno imparando e farlo proprio.
Ecco che nasce allora la decisione di condurre le lezioni esclusivamente online, modalità che può essere facilmente gestita e utilizzata a seconda delle esigenze di ogni singolo studente. Con le lezioni di Code-Switching da remoto, lo studente è infatti libero di frequentare il corso nei momenti che ritiene più comodi, scegliendo giorni e orari, e avendo a disposizione tutti gli strumenti per potersi esercitare da casa in completa autonomia.
Questo però non significa che sia lasciato solo, anzi: durante il percorso è affiancato costantemente da un tutor che lo porterà a raggiungere il grado di apprendimento necessario per passare allo step successivo.
«Una delle mie #GoldenRules cita proprio questo: non si passa alla lezione successiva se la precedente non è stata compresa e sedimentata a fondo!»
Dal 2019, passando dalla modalità in presenza a quella online, Code-Switching è diventato a tutti gli effetti una scuola digitale. Ma Fabrizia non intende fermarsi qui.
Sono in programma per il prossimo autunno dei percorsi di formazione per docenti che intendono fare proprio questo metodo e che permetteranno loro di diventare insegnanti certificati Code-Switching a tutti gli effetti.
L’obiettivo principale, comunque, resta sempre – e lo è da tempo – quello di allargare la metodologia di Code-Switching abbracciando quante più lingue del mondo possibile, dando questa possibilità non solo agli italiani che vogliono imparare l’inglese, ma anche a persone del resto del mondo che vogliono integrare le loro conoscenze con una lingua diversa dalla propria.
«Un obiettivo ambizioso che richiederà ancora qualche anno, ma stiamo già lavorando in questo senso!»
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